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Vol. 25, n. 98, giugno 2025

La scuola dell’infanzia, alleata di genitori e pediatri

1. Quale ruolo può avere la scuola dell’infanzia nella promozione
delle vaccinazioni?
La scuola dell’infanzia svolge un ruolo fondamentale nella promozione delle vaccinazioni, soprattutto nella fascia d’età prescolare (0–6 anni), quando il calendario vaccinale prevede la somministrazione di diverse dosi protettive. Tale funzione è stata rafforzata dal cosiddetto “Decreto Lorenzin” (Legge 119/2017), che ha introdotto l’obbligo vaccinale per l’accesso a servizi educativi per l’infanzia e scuole dell’infanzia, pubbliche e private. La legge prevede che, per poter frequentare la scuola dell’infanzia, i bambini debbano essere in regola con 10 vaccinazioni obbligatorie. Questi vaccini sono: anti-poliomielite, anti-difterite, anti-tetano, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella (per i nati dal 2017 in poi). La scuola non solo verifica la documentazione vaccinale, in collaborazione con le ASL, ma può anche contribuire a promuovere la cultura vaccinale attraverso la distribuzione di materiale informativo, incontri con genitori, e formazione del personale educativo. Questo è particolarmente importante per contrastare fenomeni di disinformazione e per tutelare i soggetti più fragili, come i bambini immunodepressi.
• Ministero della Salute. Calendario Vaccinale, 9 agosto 2023. https://www.salute.gov.it/ new/it/tema/vaccinazioni/calendario-vaccinale/.
• Epicentro (ISS). https://www.epicentro.iss.it/vaccini/documentazione-italia.

2. Quali aspetti utili nella valutazione della tosse possono essere segnalati dal personale scolastico?
Gli insegnati possono segnalare ai genitori l’eventuale presenza del sintomo tosse nel bambino, la sua frequenza e impatto sulle attività scolastiche.
Hanno anche il dovere di segnalare e allertare i soccorsi in casi di tosse acuta possibilmente correlati a inalazione di corpi estranei e dovrebbero essere addestrati alla gestione di tali eventi, che pongo i bambini rapidamente a rischio di morte. Durante la frequenza in ambiente scolastico gli insegnanti possono anche rilevare alcuni trigger utili nel costruire una ipotesi diagnostica, come ad esempio la comparsa di tosse dopo sforzo fisico associata o meno a dispnea, che può suggerire un quadro sottostante di asma. Possono segnalare anche l’associazione tra la comparsa di tosse in concomitanza di situazioni di stress.
• Kantar A, Bernardini R, Paravati F, Minasi D, Sacco O. Chronic cough in preschool children. Early Hum Dev. 2013;89 Suppl 3:S19-24. doi: 10.1016/j.earlhumdev.2013.07.018.
• Kantar A, Marchant JM, Song WJ, Shields MD, Chatziparasidis G, Zacharasiewicz A, et al. History Taking as a Diagnostic Tool in Children With Chronic Cough. Front Pediatr. 2022;10:850912. doi: 10.3389/fped.2022.850912.

3. Quali sintomi devono guidare il medico nella diagnosi dei disturbi respiratori del sonno? Il personale scolastico può aiutare a riconoscerli?
I disturbi respiratori del sonno rappresentano una condizione clinica spesso sottovalutata, ma potenzialmente dannosa per la salute dei bambini. I sintomi notturni che dovrebbero far sospettare un disturbo respiratorio includono il russamento abituale, le apnee notturne, spesso seguite da risvegli improvvisi con sensazione di soffocamento, talvolta enuresi secondaria. Tali disturbi si manifestano tuttavia anche con sintomi diurni che includono una marcata sonnolenza diurna non giustificata da una durata insufficiente del sonno, cefalea mattutina, difficoltà di concentrazione, calo del rendimento scolastico, iperattività e disturbi dell’apprendimento.
Questi sintomi derivano dalla frammentazione del sonno e dall’ipossiemia intermittente causata dall’ostruzione delle vie aeree superiori. La presenza di tali manifestazioni cliniche deve sempre essere indagata dal pediatra durante una valutazione clinica; tuttavia, anche il personale scolastico può cogliere alcuni di questi segnali di allarme, contribuendo sinergicamente ad una precoce individuazione del problema. Nel sospetto di disturbi respiratori del sonno il paziente va sempre inviato presso un centro specializzato per un approfondimento diagnostico.
• Kaditis AG, Alonso Alvarez ML, Boudewyns A, Alexopoulos EI, Ersu R, Joosten K, et al. Obstructive sleep disordered breathing in 2- to 18-year-old children: diagnosis and management. Eur Respir J. 2016;47(1):69-94. doi: 10.1183/13993003.00385-2015.

4. Come gestire la terapia del broncospasmo in ambiente scolastico?
Il broncospasmo è una manifestazione clinica frequente nei bambini affetti da asma bronchiale o iperreattività bronchiale, e può comparire anche a scuola. I sintomi principali sono tosse secca, respiro sibilante, affanno e difficoltà respiratoria. La gestione efficace richiede preparazione del personale scolastico e la disponibilità di un Piano Terapeutico Individuale (PTI), redatto dal pediatra e fornito dalla famiglia alla scuola. L’intervento deve avvenire non appena si manifestano i sintomi, secondo le indicazioni, dosaggi e modalità riportate nel PTI. Il trattamento di prima linea prevede la somministrazione di un SABA (short-acting beta agonist), come salbutamolo, mediante inalatore con il distanziatore. È importante istruire il personale sulle corrette modalità di esecuzione della terapia inalatoria. Se i sintomi non migliorano entro 10–15 minuti o se si aggravano (difficoltà a parlare, retrazioni toraciche, aumento della frequenza respiratorie, cianosi), oltre a ripetere il ciclo di SABA e/o somministrare un corticosteroide orale quale il betametasone, è necessario chiamare il 112. È fondamentale che il farmaco sia conservato in un luogo accessibile e che il personale sia formato nel riconoscere i segni di allarme e nella gestione pratica del dispositivo inalatorio. In molte scuole vengono organizzati incontri formativi, in collaborazione con pediatri e operatori sanitari, per istruire il personale scolastico sulla gestione delle emergenze respiratorie e sull’uso corretto dei farmaci prescritti.
• Global Initiative for Asthma (GINA). Global Strategy for Asthma Management and Prevention, 2025. https://ginasthma.org/reports/.
• Allergy & Asthma Network. Managing asthma: a guide for schools [Internet]. https://allergyasthmanetwork.org/ allergies-and-asthma-at-school/managing-asthma-a-guide-for-schools/.
• Società Italiana per le Malattie Respiratorie Infantili (SIMRI). Guida all’utilizzo dei distanziatori nelle terapie inalatorie come l’asma [Internet]. https://www.simri.it/guida-allutilizzo-dei-distanziatori-nelle-terapie-inalatorie-come-lasma/.

5. Quali sono i principali allergeni presenti in ambiente scolastico? E’ possibile mettere in atto delle misure preventive?
Nell’ambiente scolastico, l’esposizione agli allergeni indoor rappresenta un’importante fonte di rischio per la salute dei bambini, specialmente se affetti da rinite allergica o asma bronchiale. I principali allergeni presenti negli ambienti scolastici comprendono gli acari della polvere (soprattutto Dermatophagoides pteronyssinus e D. farinae), le muffe (tra cui Aspergillus, Cladosporium, Penicillium e Alternaria), pollini introdotti dall’esterno, i peli e la forfora di animali domestici che possono essere trasportati sugli abiti degli studenti, ed infine allergeni alimentari in tracce come latte, uova, arachidi, frutta a guscio, che possono persistere sulle superfici o essere inalati come aerosol. Diversi studi hanno dimostrato che gli ambienti scolastici possono contenere concentrazioni significative di allergeni, comparabili o addirittura superiori a quelle domestiche, a causa dell’elevata densità di persone, della ventilazione spesso inadeguata e della carente manutenzione degli impianti. L’esposizione prolungata a tali allergeni può aggravare patologie già presenti o favorire l’insorgenza di sensibilizzazioni allergiche nei soggetti predisposti.
La prevenzione dell’esposizione agli allergeni potenzialmente pericolosi a scuola è possibile, ma richiede un approccio multidisciplinare. Misure efficaci includono una pulizia regolare e approfondita degli ambienti con metodi specifici per la rimozione degli allergeni (es. filtri HEPA, panni umidi), il controllo dell’umidità con sistemi di ventilazione meccanica controllata e deumidificatori,  la rimozione di tappeti e tende pesanti, l’uso di materiali anallergici nell’arredo scolastico, e la manutenzione costante di impianti di riscaldamento e condizionamento. Inoltre, è fondamentale adottare protocolli  scolastici per la gestione delle allergie alimentari, inclusa la formazione del personale scolastico sul riconoscimento e la gestione di reazioni allergiche potenzialmente letali come l’anafilassi.
• Salo PM, Sever ML, Zeldin DC. Indoor allergens in school and day care environments. J Allergy Clin Immunol. 2009;124(2):185-92, 192.e1-9; quiz 193-4. doi: 10.1016/j.jaci.2009.05.012.
• Esty B, Phipatanakul W. School exposure and asthma. Ann Allergy Asthma Immunol. 2018 May;120(5):482-487. doi: 10.1016/j.anai.2018.01.028.

6. Quanto può essere utile l’ambiente scolastico nel promuovere la sensibilizzazione all’inquinamento e ai cambiamenti climatici?
L’ambiente scolastico è ideale per promuovere programmi di educazione ambientale motivanti che possono promuovere cambiamenti positivi nei comportamenti individuali di bambini e genitori verso il cambiamento climatico e l’inquinamento. I bambini se coinvolti attivamente, ad esempio in esperienze educative nell’ambito dell’ecologia, ricevono un’influenza positiva e hanno un atteggiamento propositivo anche in ambito famigliare. L’ambiente scolastico può fornire suggerimenti e incentivi per il trasporto attivo, sfruttando percorsi meno esposti al traffico. Le politiche locali, inoltre, possono (e dovrebbero) limitare il traffico motorizzato in prossimità delle scuole.
• Rawat N, Kumar P. Interventions for improving indoor and outdoor air quality in and around schools. Sci Total Environ. 2023;858(Pt 2):159813. doi: 10.1016/j.scitotenv.2022.159813.

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